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L’IRAP sui compensi dovuti agli avvocati comunali grava sul Comune

Da: La Gazzetta degli Enti Locali, 20.12.2019

Con la recente deliberazione n. 148, depositata lo scorso 22 novembre, la Corte dei Conti, sez. reg. Umbria, è ritornata sulla questione dell’IRAP sui compensi dovuti agli avvocati comunali, ribadendo i principi in materia già espressi in passato dalle Sezioni Riunite con la delib. n. 33/2010. In quell’occasione, le Sezioni riunite avevano evidenziato che l’IRAP:

  • è un tributo la cui obbligazione grava esclusivamente sull’ente pubblico datore di lavoro;
  • costituisce una componente della spesa del personale, come tale da considerare ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica a cui è assoggettata tale voce di spesa.

Di conseguenza, la spesa per l’IRAP deve trovare copertura in ciascuno dei fondi destinati al pagamento del trattamento retributivo del personale dipendente, ivi compreso quello relativo al pagamento delle cd. propine agli avvocati interni degli enti pubblici. Infatti, secondo le Sezioni Riunite, “le somme indicate [nell’art. 1, commi da 176 a 206 della legge n. 266 del 2005per fronteggiare in materia di pubblico impiego gli oneri di spesa, ivi inclusi i fondi di produttività e per i miglioramenti economici, costituiscono le disponibilità complessive massime e, pertanto, non superabili. In sostanza, sui bilanci dello Stato o degli altri enti pubblici, non potranno gravare ulteriori oneri che non trovino adeguata copertura”. Conseguentemente, una quota del fondo in questione, prima della ripartizione tra gli avvocati dell’ente, deve essere accantonata per la copertura della correlata spesa per l’IRAP, atteso che tale imposta viene calcolata su una base imponibile costituita dalle retribuzioni corrisposte dall’ente ai propri dipendenti. I giudici contabili umbri, inoltre, hanno evidenziato che, essendo l’IRAP una posta passiva che rientra nel computo della spesa del personale, ove fosse finanziata distintamente finirebbe per introdurre a carico dell’ente un onere aggiuntivo rispetto a quello coperto con i fondi destinati a far fronte alla spesa in questione, in contraddizione peraltro con gli obiettivi di risparmio sulla spesa del personale a cui è ispirata tutta la legislazione recente. Infine, anche la giurisprudenza lavoristica è in linea con l’indirizzo espresso dai giudici contabili: i giudici umbri, infatti, hanno ricordato la sentenza del Tribunale di Roma n. 330 del 18 gennaio 2018, la quale ha escluso la possibilità di detrarre dal compenso spettante all’avvocato altri oneri che non siano quelli contributivi ma, al contempo, ha evidenziato la necessità, in capo all’amministrazione, di tenere conto dell’incidenza dell’IRAP al fine di determinare lo stanziamento del fondo al quale attingere per l’erogazione dei compensi professionali, incidenza che non è tuttavia diretta sui compensi degli avvocati, bensì sui limiti finanziari entro i quali l’ente pubblico può muoversi al momento dello stanziamento