Archivia per Marzo, 2017

P.A.T. – Tar Napoli, sez. I, 28 marzo 2017, n. 1694

dal sito www.giustizia-amministrativa.it

“E’ nulla la memoria, depositata dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico, con scansione per immagini non asseverata del testo in formato analogico privo di sottoscrizione autografa.  E’ nulla la procura alle liti, depositata dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico, in  copia digitale per immagini del testo in formato analogico a firma autografa del legale rappresentante dell’amministrazione ma senza asseverazioneLa mancanza di firma digitale sulla memoria o sulla procura alle liti, depositate dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico, non è sanata dall’avvenuta sottoscrizione da parte del difensore, mediante apposizione della firma digitale, in calce al “Modulo Deposito Atto/Documenti” .

Ciò è quanto ha chiarito Tar Campania, per il quale “sussiste violazione delle prescrizioni che disciplinano il processo amministrativo telematico in vigore dal 1° gennaio 2017, in base alle  quali, ai sensi degli artt. 136, comma 2 bis, c.p.a. e 13, comma 1 ter, delle norme di attuazione al c.p.a., salvo diversa espressa previsione, gli atti processuali delle parti, ivi inclusi il ricorso introduttivo, le memorie, il ricorso incidentale, i motivi aggiunti, vanno redatti in formato di documento informatico e devono essere sottoscritti con firma digitale conforme ai requisiti di cui all’art. 24, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale, C.A.D.). Nel nuovo regime, gli atti processuali di parte in formato elettronico possono essere depositati esclusivamente nei formati previsti dall’art. 12 delle specifiche tecniche, allegato A del d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (Regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico), tra cui quello in pdf c.d. “nativo digitale” ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale“.

 

Ciò perchè “La firma digitale è essenziale ai fini della validità nonché della certezza circa la riferibilità dell’atto processuale al difensore e costituisce frutto di una scelta legale sulla rilevanza giuridica di un tipo di sottoscrizione, anziché di un altro, nel processo amministrativo”.  Il TAR Napoli ha pure dato atto che esiste un diverso orientamento (Tar Reggio Calabria, n. 209 del 2017; Tar Lazio, sez. III bis, ord. n. 3231 del 2017), ma ha comunque “escluso che possa valere, per giungere a diversa conclusione, il richiamo richiamato all’art. 6, comma 5, delle specifiche tecniche, Allegato A, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 che all’ultimo alinea prevede che “la firma digitale PAdES, di cui al comma 4, si intende estesa a tutti i documenti in essi contenuti”. Ed invero, In un sistema processuale contraddistinto dai principi di legalità ex art. 111 della Costituzione e della gerarchia delle fonti, è evidente che le specifiche tecniche di natura non  regolamentare contenute nell’Allegato A non possono contenere disposizioni contrastanti con le fonti normative superiori. Dette specifiche tecniche riguardano le concrete modalità di svolgimento delle operazioni tecniche necessarie per la redazione e la sottoscrizione degli atti, per il deposito e la consultazione dei medesimi, e per ogni altra attività informatica inerente il processo amministrativo digitale”. 

Infatti, “nel parere n. 66 del 2016 espresso sullo schema di regolamento, il Consiglio di Stato ha sottolineato un punto nodale e cioè che l’utilizzo di atti di natura non regolamentare è ammesso a condizione che questi ultimi disciplinino norme di carattere tecnico e non attengano a profili e materie facenti parte a pieno titolo della disciplina regolamentare. Ne consegue che le specifiche tecniche vanno necessariamente coordinate con le disposizioni contenute nel codice del processo amministrativo (fonte primaria) e nelle regole tecnico – operative (fonte secondaria regolamentare). In altri termini, ad esse deve riconoscersi un valore essenzialmente “neutro”, inidoneo ad innovare o modificare le regole processuali fissate da fonti normative gerarchicamente sovraordinate o, ancora, ad integrare il contenuto precettivo di queste ultime. Deve quindi ritenersi che la disposizione contenuta nell’art. 6, comma 5, delle specifiche tecniche non possa in alcun modo derogare alle già richiamate previsioni processuali e regolamentari che espressamente sanciscono come indefettibile, salve ipotesi che non rilevano in questa sede, l’apposizione della “firma digitale conforme ai requisiti di cui all’articolo 24 del CAD” in calce “a tutti gli atti e i provvedimenti del giudice…e delle parti” (art. 136, comma 2 bis, c.p.a. e 9, comma 1, d.P.C.M. n. 40 del 2016)”.

Incontro al Ministero della F.P.

Con riguardo alla richiesta di ANCI di perpetrare un illegittimo conflitto di interessi (oltre a violazione di legge speciale, violazione costituzionale, ecc.), ai danni dei soli avvocati comunali (e per esse ancor più in dettaglio ai soli dirigenti), esponendoli alla cancellazione dall’albo, si desidera esprimere alcune ulteriori considerazioni.

La figura professionale dell’avvocato esclude l’intercambiabilità con altre figure interne all’ente, né può essere adibito ad altri compiti se non a quelli espressamente indicati nella L. n. 247/2012, se non perpetrando attività anomale, che giurisprudenza consolidato evidenzia come illegittime.

La professione forense, ovunque esercitata (dipendente dalla P.A. o libero foro), è preposta alla tutela di interessa o beni sociali costituzionalmente protetti (art. 24 Cost.), ed esercita un compito di garanzia strumentale.

La normativa di riferimento, la legge professionale forense n. 247/2012, lex specialis, riconosce in molteplici articoli, non solo nell’art. 23 dedicato, quelle specificità e quella autonomia che sono elementi di peculiarità e di atipicità che lo contraddistinguono dagli altri responsabili delle massime strutture dell’Ente, perchè l’Avvocatura non è materia di esclusiva pertinenza dell’autonomia comunale, ma è chiamata a svolgere una pubblica funzione rivolta all’interesse superiore della Nazione, rispondendo a diverse Autorità: Ordine, Magistratura, disciplina, ecc.

Per tale autonomia ed indipendenza da ogni altra struttura dell’Ente, l’avvocato dipendente che, nell’esercizio della propria funzione professionale, apprenda di fatti anche penalmente rilevanti, si avvale del segreto professionale relativamente al proprio “cliente” (che è l’Ente) ex art. 200 c.p.c., come riconosciuto con sentenza n. 2326/2015, passata in giudicato, dal GIP di Bologna (scaricabile su questo sito): “l’attività legale del Serttore Avvocatura del Comune viene svolta in posizione di piena autonomia rispetto alle altre articolazioni gerarchiche e burocratiche dell’Ente, è sottoposta all’iscrizione in un Elenco speciale dell’Albo istituito presso il COA ed è soggetta all’applicazione del Codice deontologico forense (…). Viene pertanto in considerazione il preambolo del Codice deontologico, secondo il quale “L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i fini di giustizia“.

Per tali ragioni di presidio di legalità e garanzia della difesa, la funzione pubblica che ogni avvocato è chiamato a svolgere dalla lex specialis n. 247/2012, non è cumulabile con altre cariche all’interno dell’Ente, proprio per le sue peculiarità, che impongono il divieto categorico di situazioni “anche potenziali” di conflitto d’interesse nello svolgimento della professione.