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Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza (Socrate)

(Redazione)

L’Associazione Nazionale Comuni d’Italia (ANCI), dopo aver richiesto due pareri al CNF ed aver ottenuto formale risposta il 28/2/2017 (scarica il provvedimento da questo sito), conforme alla giurisprudenza costante da decenni di ogni giurisdizione e grado, con nota del 7/3/2017 ha richiesto al Ministro di porre in essere una grave illegittimità e disparità di trattamento senza precedenti: inserire per legge la deroga al vincolo di esclusività e incompatibilità, vigenti per tutti gli avvocati, per i soli avvocati civici, ovvero dei Comuni, e per essi, solo i dirigenti avvocati e non per i funzionari avvocati, per i quali continuerebbe a valere il vincolo di esclusività.

Possiamo comprendere che un ingegnere “non sappia di latino“, diceva il Manzoni, e che dunque non sappia che lex posterior generalis non derogat legi priori speciali, ma ciò che resta incomprensibile (…o forse è comprensibilissima), è la ragione vera (non quella raccontata), per la quale si vogliano forzosamente inserire norme  che nascono illegittime e producono solo danni, come quelle attributive di incarichi di dirigenza di altri settori delle civiche amministrazioni a chi fa un diverso mestiere.

Neppure è chiaro come sia possibile che ANCI  non sia dotata di funzionari che, conoscendo i principi generali del diritto, siano in grado di avvertire della potenziale legittimità o illegittimità di una proposta, evitando ai loro “datori” spiacevoli esposizioni.

Sul comma 221, art. 1, della L. di stabilità 2016 e degli avvertimenti di illegittimità inviati alle Commissioni parlamentari, si rammenta che, avvedutisi del colossale errore, l’Ufficio Studi della Camera nelle Schede di lettura, ripiegò con la precisazione che il dirigente dell’avvocatura doveva essere inteso come dirigente “amministrativo” dell’Avvocatura civica. Perché solo dei Comuni parliamo!

Eppure, ci si sta riprovando.

E allora vediamo perchè “illegittima” e perchè “discriminatoria”, sarebbe la norma di cui all’emendamento chiesto da ANCI al Ministro Madia.

Illegittima.

Chi “sa di latino“, è consapevole che non può una legge generalista (più che generale) – qual è la legge di stabilità – modificare, e per una sola piccola categoria di avvocati per giunta (i dirigenti avvocati civici), la legge speciale che costituisce lo “statuto della professione forense” valevole per tutti gli avvocati, sia pubblici dipendenti, che del libero foro.

Così come è consapevole che due effetti scaturiscono da una eventuale illegittima previsione quale quella richiesta dal presidente dell’ANCI:

1) quello che già inizia a verificarsi, vale a dire la cancellazione dall’albo degli avvocati civici (solo dirigenti) che siano stati obbligati a svolgere mansioni gestionali/amministrative, con conseguente danno da depauperamento professionale per il professionista, e danno erariale per l’ente che deve provvedere al contenzioso pendente a costi maggiori, esternalizzando;

2) l’effetto ulteriormente lesivo dell’immagine di questo governo che continuerebbe a licenziare norme illegittime e, come tali, annullabili dal primo ricorso giurisdizionale che ne scaturirebbe. Ma che siamo certi non farà. Il Cons. Polverari è persona troppo esperta e preparata per consentire al proprio Ministro di sbagliare in maniera così macroscopica.

Discriminatoria.

Un conto è sbagliare una volta con il comma 221, e capita a tutti, altro conto è perseverare nel produrre norme illegittime ed incostituzionali, malgrado i pareri contrari, per interpretare norme sbagliate, norme che non supererebbero la “prova di resistenza”.

Questa richiesta di emendamento è un chiaro esempio di sciatteria giuridica; essa pone in essere una palese discriminazione fra gli avvocati dipendenti delle pubbliche amministrazioni, delle quali solo quelli comunali con qualifica dirigenziale rischiano la cancellazione e la compromissione della loro professionalità. Ed è una discriminazione  di rango sia eurounitario, che costituzionale. Mica sciocchezze!

Infine, a ben vedere, si configura anche una responsabilità per colpa grave dovuta, da un lato, malgrado i pareri richiesti e ricevuti, dal porre in essere comunque una attività normativa illegittima e contrastante con detti pareri, dall’altro lato la responsabilità prende la forma del danno erariale nel momento in cui, assegnando plurimi incarichi incompatibili con la professione forense, l’avvocato civico viene cancellato dall’albo, e il contenzioso dal medesimo sin lì seguito deve essere rimesso all’esterno, con costi molto più elevati per la finanza pubblica, come certificato dalla Corte dei Conti e dalle pronunce dei TAR, soprattutto recentissime, che censurano incarichi legali esterni aventi tariffe lesive del principio di concorrenza, dignità e decoro.

In proposito si rammenta che l’avvocato dipendente percepisce la parte di retribuzione formata dal compenso professionale solo se vince la causa, ed è praticamente autofinanziato, poiché l’onorario è corrisposto per lo più dalle parti soccombenti. Nei pochi casi di compensazione degli onorari di lite, vige il regolamento ex art. 9 L. 114/2014, completo di tetti e sottotetti.

Al contrario, l’avvocato del libero foro percepisce il compenso sia che vinca la causa sia che la perda, lo percepisce sia per i pareri legali, sia per la partecipazione ed assistenza a negoziazioni, mediazioni, incontri, ecc.

Cui prodest allora?

Solo agli avvocati del libero foro, che vedrebbero cancellate le avvocature civiche, e a coloro che tali incarichi sarebbero liberi di affidare.

Allora diciamola la ragione vera:

non è l’intento di risparmiare, visto che si spenderebbe di più;

non è la carenza di figure dirigenziali, ben potendo l’ente assegnare posizioni organizzative o di alta professionalità a dipendenti apicali di categoria D, o altre possibilità ancora,

ma si tratta della ben nota smania di affidare incarichi legali all’esterno, attività individuata da ANAC come ad elevato rischio corruzione, e certificata anche dal TAR del Lazio in svariate sentenze!

La trasparenza è un concetto imbecille figliolo. O quanto meno inefficace, se applicato alla ricerca della verità. (…). La verità umana è opaca“. (Daniel Pennac)